Concerto dell’Orchestra della Scuola di Musica G. Sarti di Faenza

Note di sala

Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 1 op. 21

La Sinfonia n. 1 in do maggiore, op. 21 fu dedicata al barone Gottfried van Swieten, il primo mecenate del compositore. Il brano fu pubblicato nel 1801 ma non si sa con esattezza quando Beethoven abbia terminato la stesura di quest’opera. La sinfonia è chiaramente debitrice dei predecessori di Beethoven, in particolare del suo maestro J. Haydn e di W. A. Mozart, ma presenta comunque caratteristiche che la contraddistinguono come opera beethoveniana, in particolare l’uso frequente di sforzandi, così come improvvisi spostamenti di centri tonali non comuni alla forma sinfonica tradizionale (in particolare nel terzo movimento), e l’uso prominente e più indipendente degli strumenti a fiato.
La Sinfonia n. 1 può essere considerata come il risultato dell’audace sperimentazione e del progresso musicale di Beethoven, che la presenta cinque anni dopo l’ultima sinfonia di Haydn e dodici anni dopo l’ultima Sinfonia Jupiter di Mozart. Il movimento si apre con una sequenza di accordi di dominante-tonica ripetutamente accentuati: questo gioco fa sì che l’ascoltatore si renda conto solo gradualmente della vera tonalità della sinfonia.
Rispetto alla tradizione, tuttavia, il primo movimento è composto esemplarmente in forma sonata. Qui, come elemento nuovo, Beethoven utilizza il secondo soggetto, più lirico, per mostrare e intrecciare i fiati con gli strumenti ad arco. Lo sviluppo è elaborato e basato principalmente sul primo soggetto del movimento ed esplora una lunga progressione armonica (partendo da La maggiore, raggiungendo il Si maggiore, passando per il Fa maggiore alla fine); affina inoltre la giustapposizione e la combinazione degli strumenti orchestrali; la ricapitolazione è quasi coerente con l’esposizione; la coda ricorda il lavoro motivico dello sviluppo prima di chiudere il movimento con accordi fortemente ripetuti suonati da tutta l’orchestra.
A causa delle indicazioni metronomiche di Beethoven e dell’aggiunta della dicitura “con moto”, l’Andante del secondo movimento viene suonato molto più velocemente rispetto all’usanza del tempo. In contrasto con la tradizione, Beethoven utilizza l’intera strumentazione dell’orchestra restituendo una molteplicità di timbri e un vasto spettro di colori.
Il terzo movimento, sebbene sia denominato Minuetto, è di fatto un Allegro molto e vivace. La sua velocità esecutiva e il suo dinamismo, portano a pensare che tale movimento potrebbe qualificarsi come un vero e proprio scherzo. Ad avvalorare questa teoria, sicuramente l’utilizzo di scale e triadi del primo movimento come materiale motivico piuttosto che la presenza di nuovo materiale melodico. Un elemento originale è il repentino scostamento del centro tonale: mentre molti temi d’apertura della scrittura sinfonica del periodo classico ruotavano all’interno dell’armonia diatonica, Beethoven passa cromaticamente dal do maggiore al re bemolle maggiore dopo solo 36 battute dall’inizio del movimento.
Il finale si apre con un’altra introduzione costituita esclusivamente da frammenti di scala suonati lentamente dai primi violini soli iniziando con il sol e aggiungendo gradualmente altre note. Dopo aver finalmente raggiunto un Fa, che delinea un accordo di settima di dominante in Do maggiore, il vero inizio del finale Allegro molto e vivace comincia in Do maggiore con un tema simile, sia nel ritmo che nel carattere, al quarto movimento della Sinfonia n. 88 di Haydn in Sol maggiore. Composto, anche in questo caso, in una solida forma sonata, Beethoven utilizza anche qui la scala come elemento motivico prevalente.
L’impianto formale è conforme alla tradizione compositiva consolidata, tuttavia il contenuto musicale, la strumentazione e i tempi sono insoliti, se non rivoluzionari, per un’opera sinfonica dell’epoca di Beethoven. Pertanto, con quest’opera, il musicista di Bonn mostrò di essere un compositore sinfonico all’avanguardia e rimase fedele a quest’attitudine per tutta la sua vita compositiva.

Giuseppe Sarti
Sinfonia Armida e Rinaldo

Compositore faentino, fu uno dei molti musicisti italiani che, grazie al teatro, conobbe una grande fortuna oltralpe. Allievo di Padre Martini a Bologna, a ventiquattro anni fu incaricato di dirigere una compagnia a Copenaghen, dove fu evidentemente apprezzato ottenendo protezione da Federico V e dai suoi successori. Una volta tornato in Italia lavorò a Venezia e a Milano prima di raggiungere, a Pietroburgo, Caterina II; durante il viaggio, a Vienna, fece la conoscenza di Giuseppe II, Haydn e Mozart, che lo definì “bravo e onesto uomo”. Sarti fu quindi un compositore e un teatrante degno di essere ricordato: a lui si devono alcuni studi sulle frequenze sonore condotti con successo mentre risiedeva in Russia. Caduto in disgrazia, decise di tornare in patria; ma a Berlino, dove si fermò in visita alla figlia, morì. Fu un operista prolifico: con Armida e Rinaldo, derivata dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, fu inaugurato, nel 1786, il Teatro dell’Hermitage di Pietroburgo; la corte si trovò di fronte a un’opera stilisticamente ineccepibile, ricca di belle arie, di duetti di voci femminili di fine piacevolezza, innovativo, pur nel rispetto dei precetti stilistici dell’epoca.

Franz Schubert
Sinfonia n. 8 D 759 “Incompiuta”

La Sinfonia n. 8 in si minore D. 759, comunemente nota come Sinfonia Incompiuta, è una composizione musicale che Schubert iniziò a scrivere nel 1822 ma che lasciò con due soli movimenti, pur vivendo per altri sei anni. È sopravvissuto anche uno scherzo, quasi completato in partitura per pianoforte ma con solo due pagine orchestrate.
Alcuni musicologi hanno ipotizzato che Schubert possa aver abbozzato un finale che sarebbe poi divenuto il grande entr’acte in si minore di Rosamunde, ma tutte le prove a sostegno di questa ipotesi sono circostanziali. Una possibile ragione per cui Schubert ha lasciato la sinfonia incompleta è la predominanza dello stesso metro: il primo movimento è in 3/4, il secondo in 3/8 e il terzo (uno scherzo incompleto) ancora in 3/4. Tre movimenti consecutivi nello stesso metro sono rari nelle sinfonie classiche, nelle sonate e nelle opere da camera.
L’Ottava Sinfonia è talvolta definita la prima sinfonia romantica per la sua inclinazione al lirismo all’interno della struttura drammatica della forma sonata classica. Inoltre, la sua orchestrazione non è esclusivamente funzionale, ma prevede specifiche combinazioni di timbri strumentali premonitrici del movimento romantico.
Ancora oggi la critica musicologica è divisa sul perché Schubert non riuscì a completare la sinfonia. Alcuni hanno ipotizzato che abbia interrotto il lavoro a metà dello Scherzo, nell’autunno del 1822, perché lo associava all’iniziale insorgenza della sifilide, o che sia stato distratto dall’ispirazione per la Wanderer-Fantasie per pianoforte solo, o potrebbe trattarsi di una combinazione di entrambi i fattori.
Il primo movimento, in si minore, si apre in forma di sonata, con un inciso grave degli archi, seguito dal tema condiviso tra oboe e clarinetto. La transizione tipicamente schubertiana, laconica, si compone di sole quattro misure per i due corni che modulano efficacemente alla tonalità parallela sottodominante di sol maggiore.
Il secondo soggetto inizia con una celebre melodia lirica in questa tonalità, enunciata prima dai violoncelli e poi dai violini su un affettuoso accompagnamento sincopato. Il tutto è interrotto da un drammatico gruppo di chiusura che alterna pesanti tutti in sforzando intervallati da pause e varianti di sviluppo della melodia in sol maggiore, concludendo l’esposizione Inusualmente per la forma sonata, la sezione dello sviluppo inizia con una tranquilla ripresa della melodia iniziale in sottodominante, tonalità solitamente riservata alla fine di un movimento in forma sonata, e sale fino a un prolungato climax nella stessa tonalità, iniziando con una drammatica variante della melodia iniziale a piena orchestra con tromboni in evidenza.
La ricapitolazione consiste per lo più nell’ortodossa riproposizione dei temi, eccezion fatta per il secondo tema conducendo alla drammatica sezione conclusiva che termina in si maggiore e porta a una coda nella tonica si minore. Questa richiama il tema d’apertura per un’ulteriore, ultima, drammatica rielaborazione che apre la strada agli enfatici accordi conclusivi.
Il secondo movimento, alterna due temi contrastanti in una forma sonata senza sviluppo, con una coda drammatica, elegiaca ed estesa che potrebbe qualificarsi come una sezione di sviluppo conclusiva. L’ambito espressivo sembra rifarsi a quello del primo movimento, in una continua contrapposizione tra l’apparente serenità del mi maggiore e la drammaticità desolata e pessimistica. Il primo tema enunciato dal corno e dal fagotto ma sostenuto dai violini, rimanda ad una seconda idea dalla imponente orchestrazione e dall’andamento grandioso. Il secondo tema sembrerebbe una celestiale conversazione tra oboe e clarinetto sostenuta dal tremolo degli archi, che confluisce in un momento trionfale la cui piena sonorità orchestrale si discosta dalla dinamica argomentazione musicale beethoveniana, assumendo un’essenza universale. La Sinfonia termina con la ripresa del tema di apertura, in una variante ancora più dolorosa affidata agli strumenti a fiato.
Possiamo solamente ipotizzare quale conclusione Schubert avrebbe potuto dare a questa Sinfonia: senza dubbio l’incompiutezza consolida quella percezione di dubbio e di riflessione che ne fa uno dei capolavori più autorevoli del repertorio schubertiano.

A seguito dell’alluvione che ha tragicamente colpito l’Emilia-Romagna, la scuola di musica “Giuseppe Sarti” di Faenza ha subìto gravi danni agli spazi e agli strumenti a disposizione dei giovani allievi della scuola, cuore pulsante della musica nella città di Faenza. Un grande aiuto nelle prime operazioni di pulizia della scuola è già arrivato e, fortunatamente, parte delle attività della scuola sono ricominciate, ma c’è ancora tanto da fare.
I proventi ottenuti da questo concerto saranno devoluti all’Associazione “Amici della Scuola di Musica Sarti” per contribuire all’acquisto di nuovi strumenti musicali.

Jacopo Rivani
Ravennate, classe 1989, ha diretto più di 150 recite d’opera e oltre 50 concerti sinfonici, con un repertorio che spazia dal classicismo, attraversa il belcanto e la grande lirica italiana per sfociare nelle opere in prima esecuzione assoluta.
Si diploma brillantemente in tromba all’Istituto Musicale della sua città e si laurea a pieni voti in Direzione d’Orchestra al Conservatorio di Musica G. Rossini di Pesaro sotto la guida del M° M. Benzi con una tesi dedicata alla drammaturgia Rossiniana. In concomitanza della tesi, è stato assistente di Alberto Zedda ne “Il Barbiere di Siviglia” di G. Rossini, a Pesaro.
È stato positivamente recensito da A. Foletto su Repubblica e dalle testate giornalistiche di settore (Giornale della Musica, Opera, Operaclick, GBOpera, Le salon Musical e altre).
È stato inserito nei cartelloni di alcuni tra i principali teatri Italiani tra cui “Arcimboldi” di Milano, “Sociale” di Como, “Carlo Felice” di Genova, “Manzoni” di Bologna, “Pavarotti” di Modena, “Alighieri” di Ravenna, Teatro Farnese di Parma, teatri di Bergamo, Cremona, Brescia, Piacenza, Pavia, Bolzano, Trento, Roma (Olimpico), Napoli (Politeama), Sassari (Comunale), Reggio Emilia, Vicenza, Pordenone, Jesi, Chiaravalle, Osimo, Urbino, Ancona, Lucca, Pisa, Chieti, Lugo di Romagna, Pesaro, Ferrara e Cesena e ha preso parte ad alcuni importanti Festival come “Ravenna Festival”, “Festival Como città della musica”, “Festival Arena delle balle di paglia”, Mittelfest e “Emilia Romagna Festival”.
Ha diretto i complessi del Teatro Carlo Felice di Genova e del Teatro Comunale di Sassari, la Haydn Orchester di Trento e Bolzano l’Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini, l’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna, l’orchestra “I Pomeriggi Musicali di Milano”, l’Orchestra Sinfonica del Teatro Rendano di Cosenza, la FORM – Orchestra Filarmonica Marchigiana, il SineForma ensemble, “Italian Chamber Opera Ensemble”, l’Orchestra Sinfonica della Repubblica di San Marino, l’Orchestra Lettimi, l’Orchestra da camera di Teramo, l’Orchestra 1813 di Como, l’Orchestra Filarmonica Italiana, l’Ensemble Tempo Primo e l’Orchestra La Corelli, della quale è direttore Artistico e Musicale dal 2010.
Numerose sono le partecipazioni a programmi televisivi e radiofonici come Prima della Prima (Rai 5), Radio 3 Suite, Primo Movimento (Radio 3) oltre alle pubblicazioni discografiche per “Da Vinci Classics” e “Amadeus”
Tra gli impegni futuri si segnala il debutto con l’Orchestra della Toscana, al Varzi Festival e alla stagione sinfonica del teatro di Udine, oltre il ritorno a Ravenna Festival, al Mittelfest, e al Teatro Maruccino di Chieti.
Restituisce l’energia positiva che raccoglie facendo musica insegnando Esercitazioni Orchestrali al Conservatorio “Gesualdo da Venosa” di Potenza.

L’Orchestra Sarti
È formata da allievi e docenti della Scuola di Musica Sarti di Faenza.
Ogni anno l’orchestra si esibisce in concerti con programmi diversi repertori musicali di ampio respiro, dalle sinfonie classiche alle colonne sonore. È un progetto didattico e artistico che si pone come punto di arrivo degli studenti di tutti gli strumenti presenti a scuola, che li forma nell’esperienza della musica d’insieme. E’ abituata a collaborare anche con altre ensemble presenti sempre all’interno della Scuola Sarti, come il coro o la Big Band, in concerti che vedono quasi cento persone sul palco.
Dal 2021 la direzione dell’Orchestra è affidata al Maestro Jacopo Rivani, che all’interno della scuola segue anche i corsi di Musica da Camera e la Junior Orchestra.

Info

eventi@festivalpianadelcavaliere.it